
Kristian Lundberg, Och allt skall vara kärlek (”E tutto sarà amore”), Stockholm, Ordfront, 2011, 176 pp., romanzo. //
In questo romanzo autobiografico l’autore riprende, da un’angolatura diversa e alla luce di un’importante svolta personale, il racconto iniziato in Yarden nel 2009. Come opportunamente recita il sottotitolo sulla copertina, la nuova opera è un “seguito indipendente” di Yarden.
La caratteristica di maggiore spicco di Och allt skall vara kärlek è strutturale e formale. Si può dire che un principio lirico, basato su musicalità, ritmo, iterazione e circolarità, si ponga al servizio di un principio epico che è in grado di costruire una narrazione e un romanzo.
Kristian
Lundberg, Och allt skall vara kärlek
(”E tutto sarà amore”), Stockholm, Ordfront, 2011, 176 pp., romanzo
In questo
romanzo autobiografico l’autore riprende, da un’angolatura diversa e alla luce
di un’importante svolta personale, il racconto iniziato in Yarden nel 2009. Come opportunamente recita il sottotitolo sulla
copertina, la nuova opera è un “seguito indipendente” di Yarden.
La
caratteristica di maggiore spicco di Och
allt skall vara kärlek è
strutturale e formale. Si può dire che un principio lirico, basato su
musicalità, ritmo, iterazione e circolarità, si ponga al servizio di un
principio epico che è in grado di costruire una narrazione e un romanzo. L’io
narrante stesso definisce il proprio racconto ”caleidoscopico”; i frammenti di
prosa si susseguono senza un apparente ordine cronologico; il tempo presente
della storia si sovrappone, nella coscienza del narratore, al tempo passato
continuamente ripreso attraverso nuovi episodi e dettagli che arricchiscono e
precisano la storia. Lo sforzo di scrivere la propria vita è parte di un
processo costruttivo, che riguarda la composizione romanzesca ma anche, e forse
soprattutto, le dimensioni psicologiche ed esistenziali. L’interazione tra
principio lirico e principio epico funziona bene nel romanzo, perché nella coscienza
del lettore lo sviluppo cronologico
della vita del protagonista si costruisce con estrema chiarezza, nonostante la
frammentarietà della rappresentazione.
Il racconto
parte riprendendo quello che era un tema centrale di Yarden, la condizione di sfruttamento di chi presta lavoro
flessibile e interinale. L’esperienza di tredici mesi di lavoro presso un
grande deposito di smistamento di automobili nuove al porto di Malmö offre al protagonista
e narratore un osservatorio ravvicinato, che il lettore percepisce come
autentico e vissuto.
Da qui il
racconto parte per allargarsi progressivamente ad altre sfere della vita.
Kristian Lundberg ha un rapporto vitale con l’amato figlio adolescente, con cui
abita in un appartamento di Malmö. Lundberg è già consapevole che il giovane
prenderà presto la sua strada, ma anche che il ragazzo sta vivendo una gioventù
migliore della sua. Riprendere i fili della propria storia è un processo
doloroso, che non può avvenire con un racconto logico e lineare ma piuttosto attraverso
il frammento lirico ed evocativo: la madre vittima della malattia mentale; il
padre violento e assente; la vita allo sbando di un bambino e, poi, adolescente
alla periferia degradata di Malmö; il vuoto e la disperazione; i furti e le
rapine; i tentativi di suicidio già dai tredici anni; l’abuso di droghe e
alcol. In tutto questo, il dono della scrittura e la passione letteraria sono
per Kristian Lundberg delle ancore di salvezza e delle possibilità, per quanto
mai veramente sufficienti, di riscatto (l’autore, nato nel 1966, ha debuttato già
nel 1991).
Un bisogno
forte di guarire, di chiudere finalmente i conti con le ferite del passato, e
anche di riconciliarsi in qualche modo con loro fin dove è possibile,
caratterizza l’umore e la visuale del racconto; è questa la prospettiva
presente da cui parte il lavoro costruttivo della memoria. Nei primi anni
Novanta Lundberg ebbe una relazione d’amore con una donna, K, che poi lo
lasciò, perché si rese conto che le tendenze autodistruttive dell’uomo non
permettevano a quel nucleo buono in lui, che lei amava, di vivere e agire. Lundberg
la maltrattava, facendo rivivere nelle proprie azioni lo spettro dell’odiato padre.
Ora, e questa è la novità di Och allt
skall vara kärlek, K è ricomparsa, dopo quasi vent’anni. Entrambi sono
cambiati e invecchiati; il loro amore vive ora in nuove condizioni, forse
durature.
Il racconto
di Lundberg vibra del bisogno, e della difficoltà, di raccontare di un amore
che sana le ferite e che riscatta. Il narratore teme in ogni momento di cadere
nel cliché sentimentale, nel racconto non autentico; forse teme anche di
fissare qualcosa nella scrittura che nella vita è ancora in fase di
consolidamento. Teme di dichiarare una felicità che ora possiede e che, forse, sente
ancora di potere perdere. L’amore per K sostanzia dunque il racconto, ne è il
motore; anche se, di fatto, K appare poco, solo in alcuni frammenti di tempo
presente e di tempo passato.
La scrittura
di Lundberg persegue – come dice l’autore in uno dei suoi brani ‘programmatici’
– una nuova possibilità per la letteratura proletaria e di denuncia sociale, ricercata
sul terreno dello stile e della prospettiva esistenziale. Nel racconto della
vita di Lundberg, passata e presente, appare una Svezia marginale. È
soprattutto importante raccontare, in modo che si sappia, di come è cambiata la
Svezia nell’epoca odierna del neoliberismo; non è più il modello di welfare
state, ma un paese europeo come gli altri: quello del lavoro senza diritti, dello
sfruttamento della persona, del disprezzo verso gli immigrati e di tutti i
sottoposti. La condizione di illegalità, tollerata e sfruttata, in cui vivono i
‘clandestini’ determina anche le dure regole interne, anch’esse violente e
gerarchiche, di quel mondo in ombra. La Svezia, scrive Lundberg, sta tornando nel
complesso a condizioni di lavoro tipiche della prima metà del Novecento, e sta smantellando
le conquiste della sua democrazia.
Och allt skall vara kärlek colpisce per la qualità poetica e
umana, l’autenticità esistenziale e la prospettiva sociale. L’introspezione è
tutt’altro che narcisistica e avulsa dalla realtà, come a volte è accaduto
nella letteratura autobiografica svedese degli ultimi vent’anni. Lundberg
riesce anzi a rinnovare la letteratura proletaria svedese, ora che i proletari
sono tornati a essere una componente della società svedese.