
Guerrieri, barbari, esploratori, grandi combattenti e esperti navigatori. Sono queste le caratteristiche principali con le quali siamo abituati a pensare al popolo dei Vichinghi, ma non bastano certo per definire una cultura così importante. Gli uomini del Grande Nord infatti vantano un’immensità di simboli e di segni che esprimono a pieno la loro capacità, altrettanto sviluppata, di fare arte. Come in molte altre culture, essa fu soprattutto a servizio dei ricchi e dei potenti, anche se possiamo considerarla prevalentemente un’arte applicata agli oggetti di uso quotidiano.
Guerrieri,
barbari, esploratori, grandi combattenti e esperti navigatori. Sono queste le
caratteristiche principali con le quali siamo abituati a pensare al popolo dei
Vichinghi, ma non bastano certo per definire una cultura così importante. Gli
uomini del Grande Nord infatti vantano un’immensità di simboli e di segni che
esprimono a pieno la loro capacità, altrettanto sviluppata, di fare arte. Come
in molte altre culture, essa fu soprattutto a servizio dei ricchi e dei
potenti, anche se possiamo considerarla prevalentemente un’arte applicata agli
oggetti di uso quotidiano. Stupisce la ricchezza dei materiali sapientemente
lavorati dai Vichinghi, come i metalli, i tessuti e l’avorio, e lascia
decisamente a bocca aperta l’accuratezza e l’eccellenza con la quale questi
lavori venivano realizzati. L’artigiano è sicuramente la figura che può
incarnare l’idea di arte presso il popolo del Grande Nord: egli era sotto al
controllo delle potenze locali, che provvedevano a recuperare le materie prime
necessarie e a finanziare la loro lavorazione. L’obiettivo era quello di
sottolineare la gerarchia sociale, utilizzando proprio i prodotti degli
artigiani per rimarcare la stratificazione ed i ruoli che ognuno ricopriva.
Questo dato è senza dubbio dimostrato dai ritrovamenti archeologici: i reperti
più importanti sono infatti stati rinvenuti in contesti funebri che possiamo
definire aristocratici. Come non citare le grandi navi-sepolture riccamente
decorate e accompagnate da oggetti preziosi e finemente lavorati. L’artigianato
era dunque un mezzo per esprimere lo status e l’autorità di un ceto sociale, ma
non si fermava solo a questo. Era sì un mezzo di riconoscimento sociale, ma era
anche espressione di una cultura molto radicata e immediatamente riconoscibile
da tutti. La peculiarità della produzione artistica vichinga è quella di essere
un’arte zoomorfa, ma anche allusiva e astratta: la figura dell’animale è al
centro di tutta la produzione, anche se nella maggior parte dei casi rimane una
figura quasi indefinita, di cui difficilmente si riesce a individuare la
specie. Gli altri protagonisti sono gli elementi vegetali, soprattutto sotto
forma di viticci intrecciati che possono sia creare uno sfondo sia essere
considerati il soggetto stesso della decorazione. Non manca poi il legame con
la fede, motivo che ritroviamo in tutti gli aspetti della vita dei Vichinghi e
che possiamo considerare elemento base di questa cultura, il probabile
responsabile di una coesione e di un’identificazione così forti. Le
manifestazioni artistiche sono infatti in maggior parte legate al mondo dei
defunti: esse arricchiscono oggetti e amuleti fondamentali per la vita dopo la
morte, e propongono una rappresentazione dei loro miti, testimoniando un
rispetto e un ossequio per la propria cultura che, come abbiamo già
sottolineato, ritroviamo come caratteristica costante della storia di questo
grande popolo. Dal punto di vista critico possiamo individuare molti rimandi
all’arte romana che, con le monete ed i medaglioni aurei giunti fin
nell’estremo Nord, ha sicuramente influenzato anche l’arte vichinga e tutta
l’arte nordica in generale, con la quale ci sono infatti molti punti in comune.
Gli storici
dell’arte hanno riscontrato nell’evoluzione artistica vichinga diversi stili e
li hanno chiamati con i nomi dei luoghi dove sono stati rinvenuti i più
importanti reperti. L’apporto fondamentale dell’archeologia in questo senso è
logicamente concentrato su produzioni litiche, metalliche ed eburnee e in minor
parte su produzioni tessili e lignee, data la deperibilità di questi materiali.
L’aspetto
senza dubbio più intrigante dello scoprire le varie caratteristiche dei diversi
stili è vedere come l’evoluzione artistica proceda di pari passo con quella
della situazione politica e sociale dei Vichinghi. Vedremo infatti quanto
l’espansione territoriale influenzi l’arte nordica in un crogiuolo di
esperienze fatte o assorbite da altri. Fondamentale poi sarà l’avvento del
Cristianesimo e la conversione del Grande Nord, anche se possiamo certo
sostenere che si tratti di una manovra pressoché politica e che non coinvolga
la sfera intima dell’individuo se non dopo alcuni secoli. E’ proprio per questo
motivo che i Vichinghi, un popolo che ha dominato le scene solo per poco più di
250 anni, è riuscito a mantenere un’integrità ed una peculiarità ben evidenti
nelle forme artistiche ed è proprio seguendo quelle che sono le tracce
materiali di questo popolo, che possiamo avvicinarci ad una cultura così vasta.
Broa/Oseberg 750-850 d.C.
Questo
primo esempio di arte vichinga affonda le radici nei secoli precedenti anche se
se ne distanzia nettamente con lo sviluppo di nuove peculiarità che lo
contraddistinguono. Esso deriva il suo nome da due importantissimi ritrovamenti
archeologici: dei finimenti in bronzo dorato trovati a Broa, nell’isola svedese
di Gotland, e lo straordinario insieme di oggetti rinvenuti nella
nave-sepoltura di Oseberg, nel fiordo di Oslo. La datazione dei finimenti di
Broa è ancora oggetto di dibattito, mentre quella della nave-sepoltura fa
risalire la sua costruzione all’820 ed il suo utilizzo nel rito inumatorio
all’834.
La scoperta
di Oseberg è stata molto importante per la qualità e la quantità degli oggetti
lì rinvenuti: si trattava infatti di una sepoltura per una nobildonna e
conteneva un carro, quattro slitte, un grande numero di telai, secchi,
trapunte, frammenti di arazzi e moltissimi oggetti di uso quotidiano, tutti
finemente decorati, come lo era del resto la nave stessa. Possiamo riscontrare
su tutti questi oggetti il lavoro ed il gusto di diversi artisti che
probabilmente sono riconducibili alla scuola detta di “Vestfold”. Lo
stile è sicuramente caratterizzato da figure animali sinuose e molto
stilizzate, tanto che è praticamente impossibile riuscire a identificarli da un
punto di vista zoologico, con corpi nastriformi e intrecciati tra loro o con
elementi vegetali. Vi è anche una certa influenza derivante dall’arte
carolingia, che però viene totalmente piegata alla sensibilità del Grande Nord
(un esempio è il leone in posa araldica che subisce una trasformazione in base
all’esigenza tutta vichinga di esprimere minaccia e violenza attraverso figure
che avevano lo scopo preciso di spaventare).
Gli
animali, che nei finimenti di Broa sono rappresentati anche in modo più
realistico, non sono però gli unici soggetti proposti: vi sono infatti molti
elementi vegetali come i viticci e le spirali, elementi narrativi che
propongono scene usate frequentemente, e anche esseri umani. Essi sono
rappresentati in vari modi: o vengono proposti come maschere e quindi tutta
l’attenzione si concentra sul volto, oppure, come nella nave di Oseberg, sono
rappresentati con la parte inferiore animalesca, che si aggrappano alla barba o
agli arti dei personaggi vicini.
Questi
primi esempi di arte vichinga esprimono una grande forza elastica e una
tensione tutta particolare, che ha permesso di fare tesoro delle esperienze
artistiche precedenti, come quelle carolinge, ed ha portato all’esplosione di
uno stile nettamente caratterizzato.
Borre 830-980 d.C.
Anche
questo stile deve il suo nome ad un ritrovamento archeologico, una
nave-sepoltura rinvenuta appunto a Borre, in Norvegia, la cui datazione è stata
possibile grazie a delle monete e a dei gioielli realizzati in questo stile.
Possiamo considerarlo come il diretto discendente dello stile di Broa, visto
che anche nella nave-sepolcro di Borre sono stati ritrovati numerosi finimenti
da cavallo. I tratti distintivi di questa corrente artistica sono
essenzialmente tre e affondano logicamente le loro radici nelle esperienze
precedenti.
L’elemento
che lo caratterizza maggiormente è una catena di anelli: essa consiste in una
treccia di due fili che quando si intersecano sono appunto fissati da un
anello. Si tratta dunque di un motivo astratto, non riconducibile al mondo
animale, ma a quello vegetale dei viticci. Questo elemento decorativo si
ritrova anche in una lastra dell’Isola di Man: su di essa è presente
un’iscrizione runica che per la prima volta testimonia il lavoro di un artista
vichingo. Questo importante ritrovamento ci dà informazioni anche sulla
situazione politica e territoriale del popolo del Grande Nord che, proprio in
questo periodo, rafforzava la sua presenza nelle isole Britanniche, oltre che
nei territori scandinavi.
Il secondo
elemento peculiare di questo stile è il motivo ad animali intrecciati. Sono
esseri zoomorfi, con corpi costruiti su elementi nastriformi, che stringono con
i loro artigli la cornice in cui sono posti. Queste figure umanoidi presentano
maschere animali viste in modo frontale, caratterizzate da grandi corna e da
occhi rotondi e larghi. Queste peculiarità sono riscontrabili nell’arte
Irlandese e dell’Inghilterra Settentrionale e ancora una volta ci danno
indicazioni sullo status politico e sociale del popolo vichingo.
L’ultimo
elemento caratteristico di questo stile è identificato in un quadrupede con la
testa rivolta indietro, spirali come anche, nastri che schizzano fuori dal
corpo e una sorta di codino di maiale.
Questo
stile si ritrova su molti gioielli e copre dunque un ampio braccio geografico,
data la facilità di trasporto di oggetti piccoli come i monili, testimoniando
l’avvento dei Vichinghi nei luoghi in cui è presente.
Jelling 870-1000 d.C.
L’oggetto
che è stato utilizzato per definire questo stile è una tazza d’argento
proveniente dalla cosiddetta “Tomba di Re Gorm”, una tomba reale che
si trova a Jelling, in Danimarca, e la cui camera sepolcrale è stata datata
grazie alla dendrocronologia al 958-959. Si tratta di un piccolo oggetto
riccamente decorato con animali: essi presentano un corpo ondulato e
nastriforme e compongono una serie di intrecci, tanto che una particolarità di
questo stile sono proprio le cosiddette “bestie che ghermiscono”. Gli
animali vengono rappresentati generalmente di profilo, avvinghiati tra loro o
intrecciati nelle strutture che incorniciano il soggetto stesso. Essi sono
sottolineati con una doppia linea di contorno e presentano dei lunghi codini
che si diramano dalle loro teste e un tipico labbro arricciato che conclude la
mascella superiore.
Cronologicamente
lo stile di Jelling si sovrappone a quello di Borre: la differenza fra i due
stili nella fase di transizione non è infatti così netta ed è anzi molto comune
trovare oggetti che presentano una decorazione ibrida (corpi ricoperti sia di
nastri che di codini, catene di anelli combinate con animali).
Molti
esempi di animali di Jelling si ritrovano nell’arte narrativa delle pietre con
croci che ritroviamo nell’Isola di Man e in Irlanda. Vediamo in questi
manufatti la commistione tra elementi pagani ed elementi cristiani: alcune
riportano infatti storie di Odino, Sigurdr e degli altri personaggi della
cosmologia e della mitologia nordica; altre presentano invece motivi
tradizionalmente cristiani.
Mammen 950-1060 d.C.
Ancora una
volta il nome scelto per questo stile artistico deriva da un importante
ritrovamento archeologico: si tratta di disegni intarsiati d’argento su una
testa d’ascia di ferro rinvenuta in una tomba aristocratica a Mammen, nel
centro-nord dello Jutland, in Danimarca. La camera sepolcrale è costruita con
travi di legno che, grazie alla dendrocronologia, possiamo far risalire
all’inverno del 970-971.
Il motivo
del singolo animale deriva sicuramente dallo stile di Jelling anche se con
molte differenze: i corpi, più proporzionati e pieni, non sono più nastriformi
e dalla linea a doppio contorno si passa ad una rappresentazione a pieno corpo,
talvolta riempita anche con punti o piccoli cerchi. Da segnalare la presenza di
spirali che prendono il posto dei nastri nel collegamento delle varie parti
anatomiche. La resa è dunque più realistica anche se ancora la precisa
identificazione scientifica del soggetto rimane pressoché impossibile. La
caratteristica principale dello stile di Mammen è sicuramente l’utilizzo di
piante simili a viticci che formano disegni ornati con foglie. Questi motivi
vegetali, come abbiamo già sottolineato, sono sicuramente di derivazione
europea e non sono altro che il frutto dell’influenza dell’arte carolingia, con
le sue spirali di vitigno e di acanto.
Tutte
queste caratteristiche sono facilmente individuabili nella testa di ascia che
presenta da un lato un animale in cui si è riconosciuto un volatile, e
dall’altro un fitto intreccio di motivi puramente vegetali. È importante
sottolineare come entrambi i soggetti possano essere interpretati sia in chiave
pagana che in chiave cristiana, essendo questo il periodo della conversione del
Grande Nord alla nuova religione. Il volatile è infatti presente sia nella
simbologia nordica che in quella dei nuovi “predicatori” e lo stesso
vale per l’albero, che può essere interpretato sia come il mitico frassino
Yggdrasil, sia come l’albero cristiano della vita. Questa commistione tra arte
e fede è riscontrabile anche in un altro reperto simbolo di questo stile: la
grande pietra eretta da Araldo Dente Blu a Jelling, in memoria dei suoi
genitori e databile, attraverso le iscrizioni, al 983-985. Essa presenta da un
lato un grande animale araldico intrecciato con un serpente e dall’altro un
Cristo crocifisso intagliato e contornato da una struttura intrecciata. Ancora
una volta possiamo notare come la produzione artistica ci fornisca importanti
informazioni per capire i mutamenti sociali e politici attraversati nel periodo
a cui essa si riferisce.
Ringerike
980-1080 d.C.
Lo stile di
Ringerike prende il nome da una serie di lastre di arenaria incise prodotte nel
distretto di Ringerike, vicino a Oslo. Sviluppatosi nella prima parte dell’XI
secolo, esso viene spesso associato alla figura di Re Knut (1016-1035) che lo
introdusse in Inghilterra. In quell’epoca vi erano molti signori Vichinghi
nelle isole Britanniche e lo stile fu dunque facilmente assorbito dagli artisti
anglosassoni, tanto che lo ritroviamo in Irlanda addirittura dopo il 1120.
Vediamo
come i viticci dello stile di Mammen presentino una vera e proprio evoluzione:
spesso raggruppati, diventano infatti una struttura ornata che minaccia
talvolta di predominare sugli elementi animali, che restano invece il vero
soggetto. Vi è una sorta di continuità con lo stile precedente, anche se le
differenze sono evidenti: le spirali continuano a ricoprire un ruolo
fondamentale nella decorazione, e la Grande Bestia intrecciata al serpente, introdotta
dalla Pietra di Jelling, rimane un tema molto comune.
Questo
stile dunque sviluppa i motivi affrontati negli anni precedenti e li
arricchisce con esperienze artistiche nuove, soprattutto di derivazione
anglosassone; elemento questo che, ancora una volta, ci dà una chiara idea
della situazione politica del popolo vichingo e della sua espansione
territoriale.
Urnes 1035-1150 d.C.
Sono le
doghe in legno della Chiesa di Urnes, in Norvegia, a dare il nome all’ultimo
stile di quella che viene prettamente indicata come arte vichinga. La Chiesa è stata costruita
tra il 1050 ed il 1120 circa, e dal 1979 fa parte dei monumenti considerati
Patrimonio Culturale dell’Umanità dall’Unesco.
Questo stile
mantiene i motivi tradizionali, ma l’intreccio diventa evidentemente molto più
aggraziato e sinuoso. Le potenti bestie degli stili precedenti cedono il passo
a diverse tipologie di animali tra cui una sorta di quadrupede, con le anche a
spirale e con gli occhi a mandorla appuntiti. Esso ricorda un levriero in
quanto esprime una grande leggerezza e una sinuosa delicatezza, ma è allo
stesso tempo caratterizzato da un vivace slancio energico. È attorcigliato su
se stesso e morde un animale più piccolo che ha una testa molto simile alla
sua, ma presenta un solo arto davanti e dietro ed è per questo stato
identificato da alcuni studiosi come una lucertola. Vi è poi una sorta di
serpente che sembra in realtà un intreccio vegetale di viticci che si dipana tra
le altre due figure.
Questo
stile è inoltre presente su alcune pietre runiche svedesi e su un particolare
tipo di spille che si diffusero attraverso la Scandinavia e la Bretagna.
Conclusioni
Abbiamo
dunque visto come l’arte Vichinga sia un’arte assolutamente poliedrica. I
materiali che riportano decorazioni sono i più diversi e sono sempre legati o
alla vita quotidiana o ai doni funebri: sono proprio questi i due aspetti
peculiari del popolo del Grande Nord. Una precisa organizzazione di tutti gli
aspetti del quotidiano, sottolineata anche da una forte gerarchia sociale e da
un importante codice di valori non scritto, ma da tutti conosciuto e
rispettato. Dall’altra parte il loro attaccamento alla fede e alla storia,
testimoniato dalla forza necessaria per esportare le proprie tradizioni e dalla
peculiarità dei motivi che caratterizzano al primo colpo d’occhio tutto ciò che
sia, in qualche modo, anche solo venuto in contatto con questo grande popolo.
È per
questo che sarebbe altamente riduttivo limitare i Vichinghi alla sola idea di
un popolo di esperti navigatori e guerrieri. Certo erano anche o soprattutto
questo, ma l’eredità artistica e le testimonianze materiali che ci hanno
lasciato ci devono servire per arricchire di dettagli ciò che sappiamo su una
cultura così profonda e così radicata, da aver lasciato un segno indelebile nei
luoghi dove è stata presente.
Elisa Frosini
Studentessa di Storia e Tutela dei Beni Archeologici, Artistici, Archivistici e Librari
Università degli Studi di Firenze